A cura di Simona Vigo
2009
Dimensioni catalogo cm 22 x 21 – 60 pagine
(Esaurito)
TESTI:
Oltre il galleggiare
Squilla il telefono.
Matteo Nannini…Guai (?!)
Tra noi due funziona così!Quando vedo comparire il suo nome sul cellulare so che ci sono “disguidi tecnici” ma so anche che ha qualche interessante progetto da propormi.
Mi considero un pò come il suo “jolly”, la carta da giocare quando sul tavolo c’è una mano importante!
Mi tiene al telefono una buona mezz’ora spiegandomi la situazione; tutto entusiasta mi snocciola in dettaglio il suo progetto e si accalora per i “problemi logistici” incontrati.
Lo tranquillizzo e fissiamo una data per incontrarci, per vedere questo nuovo ciclo…”Come hai detto che si chiama?” Ah si, Over floating !…
Over floating… Difficile da tradurre,ha a che fare con l’acqua, con lo stare a galla, qualcosa che va oltre lo stare a galla, una sorta di “licenza poetica”, di neologismo (mi rassicura che madrelingua d’oltre Manica glielo hanno “fatto passare” come tale…!)
Questa è una cosa che mi piace di lui: è arrischiato, azzarda,così nei titoli come nei soggetti.
Ti spiazza in continuazione.
Chi ha seguito il percorso di Matteo in questi anni lo sa: è partito dalle “streghe”: la natura e la donna, investigate nei loro aspetti più intimi, mistici e misteriosi, a tratti inquietanti. “l’humana fragilitas”: la poesia si fa più aspra, il reale divora l’ideale ma ancora percepiamo come un’aura di affetto, di commozione. I “fumi”: ironico, disincantato, impietoso! Fino a portare questa umanità decaduta nelle sue “discariche” dove tutti trovano un loro posto, il loro ruolo, il proprio destino (sia esso comico o tragico) sotto sterminati, rassicuranti cieli blu. Come a ricordarci che, in fondo, va tutto bene così; fa parte del gioco…!
“Beh,dopo aver passato tanto tempo per discariche sentivi proprio il bisogno di darti una ripulita con tutta quest’acqua” gli dico sorridendo sulla soglia dello studio.
Scoppia a ridere e, cedendomi il passo, mi dice che non l’aveva vista da questo lato ma che effettivamente è una considerazione che ci può stare.
Lo stupore davanti alle nuove opere mi fa ritornare seria: “non avrei mai immaginato di vederti dipingere cose del genere!”. “Nemmeno io!” risponde lui.
Dire che nello studio di Matteo regna il Caos è un eufemismo; un occhio attento però pùo scovarci un suo schema utilitaristico: pennelli e colori un pò ovunque sempre pronti all’uso, tele bianche, abbozzate e dipinte accatastate l’una sull’altra, ritagli di giornale, libri e materiale fotografico di sua mano sono sparsi al suolo o appesi alle pareti in modo da poter essere consultati in qualsiasi momento. Per quanto risulti un discreto anfitrione non sono previsti estranei qui! Non ne hanno lo spazio fisico.
Attualmente, questo “Caos primordiale”, è in gran parte costituito dalle 23 grandi tele (tutte 120×100 cm.) che daranno vita a questo nuovo ciclo “sull’acqua”.
Fermamente convinto che l’atto creativo sia qualcosa che va al di là di riempire con colore spazi preimpostati, Matteo diserta la proiezione e la fotoimpressione (giustificata solo quando l’artista è alle prese con opere monumentali o quando tale mezzo diventa il fine espressivo) .
Qui tutto nasce dalla sua testa e viene veicolato sulla tela dalla mano. Tale operare include anche la preparazione della tela grezza. “Curare tutto “artigianalmente” in prima persona non mi crea alcun disagio, accresce anzi l’impegno e il piacere per l’opera. Se così non fosse, avrei scelto altre forme espressive, non la pittura. Nelle opere ci sono io al 200% e voglio che si avverta in ogni centimetro del dipinto.”
23 tele dicevamo. Come fotogrammi di un film muto, ma allo stesso tempo opere indipendenti. Il silenzio. In queste opere è importante. Osservando in questa condizione il ciclo nel suo scorrere, Matteo intende farci percepire (parafrasando le parole di Pitagora e similmente quelle di Aristotele) il suono “primordiale” generato dal moto delle sfere celesti.
Ecco quindi l’acqua, che nei secoli sappiamo assumere le simbologie più svariate, diventa veicolo d’introspezione.
Questo fa l’affascinante protagonista femminile del ciclo, immergendosi nell’elemento liquido; va alla ricerca di se stessa nel tutto.
Come sa bene chi ha tentato questo tipo di ricerca o chi insegue “verità”, è un percorso tutt’altro che semplice, porta difficoltà e sofferenza, le stesse che ritroviamo nelle deformazioni assunte dalla figura quando è completamente immersa.
Ritorna così nell’opera di Matteo l’elemento perturbante (mai assente) nonostante l’uso di una tavolozza decisamente rischiarata rispetto ai suoi canoni.
Diversi sono gli spunti e i rimandi stilistici che ritroviamo in queste opere, dalla figurazione più alta passando per l’espressionismo,certe figurazioni cubiste, i fauve,fino ad arrivare ad una sorta di deformazione baconiana. Crea un ponte tra figurazione, astrattismo e decorazione. Senza tradire la propria autonomia e personalità, fedele al motto michelangiolesco per cui “chi va dietro ad altri, mai gli va innanzi!”.
Per l’entusiasmo, la dedizione, la difficoltà data dalla mole di lavoro, per essermi io stessa immersa assieme al soggetto in questo “rito di purificazione”, per la quiete malinconica che questo percorso mi ha restituito. Per tutto questo sono felice di essere passata a trovarlo e di aver scritto per lui queste righe.
Sofia Biscaccianti